Franco Manescalchi, nato a Firenze nel 1937, scrittore, poeta e giornalista italiano, ha pubblicato opere comparate su poesia, cultura letteraria e artistica contemporanee e, ha fondato, redatto e diretto alcune riviste letterarie e artistiche del secondo Novecento.

È stato redattore del trimestrale letterario Quartiere (1963-1969) con Giuseppe Zagarrio, Gino Gerola, Inisero Cremaschi e Gianni Toti; fondatore e redattore del trimestrale letterario Collettivo R (1969-1991) con Luca Rosi e Ubaldo Bardi; direttore del mensile satirico Ca Balà (1978-1980) curato da Braschi, Buonarroti e Della Bella; fondatore con Paolo Codazzi e direttore del trimestrale letterario Stazione di Posta ((1984-2000); redattore dalla fondazione (1980) di Punto d’incontro, di Lanciano, con Walter Pedullà, Alberto Bevilacqua, Giuliano Manacorda, Giuliano Gramigna ed altri.

 

Ha collaborato alle pagine letterarie di alcuni periodici e quotidiani nazionali: Il Ponte, L’Unità, Paese sera, Impegno ’70, Cinzia, Letteratura, In/oltre, Salvo Imprevisti, Perimetro, Segnali d’arte, Prospetti, Galleria, Pietraserena, Eleusis, Tarsia, Fragile, Studi Cattolici, Tèchne, Gramma, Le arti, Città di vita, La Regione, Città e Regione, Carte segrete, Erba d’Arno, Il grandevetro, Ghibli, La posta letteraria, Cenobio, Dimensioni, Forum italicum, Il Portolano.

Molta di questa presenza critica e progettualità culturale era volta a riportare la cultura umanistica al centro della ricerca.
Infatti, cosi scriveva Giuliano Manacorda (Letteratura italiana d’oggi. 1965-1985,Roma, Editori Riuniti, 1987, p. 193) riferendosi alla stagione di «Collettivo r», di «Quartiere», di «Quasi», di “Salvo imprevisti”, ecc.

“Agli albori degli anni settanta è Firenze la città dove con mag­giore convinzione e coerenza si tenta di elaborare l’idea e la prassi di una letteratura che, dando ormai per scontato l’esaurimento della ventata neoavanguardistica con tutto quello che aveva com­portato di rifiuto conclamato o mascherato dell’impegno civile, intendeva ritornarvi in modo dichiarato e cosciente. Era necessa­rio però reinventare un linguaggio che non ricalcasse i moduli neorealistici e che fosse per sua nuova virtù aderente alla realtà di fatto e alla sensibilità letteraria mutate”.

(Sul tema, nel 1988 Silvia Asoli, dell’Università la Sapienza di Roma, redige una tesi di laurea, sotto la guida di Giuliano Manacorda, dedicata alla poesia dell’autore e di Mariella Bettarini e alle loro riviste, Collettivo R e Salvo imprevisti).
In quegli anni è stato membro della Segreteria regionale toscana e del Consiglio nazionale del Sindacato Nazionale Scrittori.
Sulla base di questo impegno al rinnovamento e al confronto nel 1983 ha fondato e diretto, con Massimo Mori ed altri, Ottovolante, circuito internazionale di poesia.
Dal 1887 al 2000 è docente di poesia del Novecento e sul testo poetico presso l’Università del tempo disponibile della Valdinievole.
Nel 1991 Ha fondato l’associazione Novecento Poesia – Centro di studi e documentazione, di cui è presidente, per la promozione della poesia con seminari e incontri con l’autore.
Nel 1996– con Alessandro Bencistà e altri esperti – ha fondato il Centro studi tradizioni popolari toscane e il periodico Toscana folk.
Ha pubblicato studi in volume sulla poesia italiana del Novecento; repertori sulla poesia popolare toscana, con la collaborazione di Ivo Guasti, per la casa editrice Vallecchi.
Per le edizioni Polistampa ha fondato le collezione di poesia Sagittaria (1996) , e Corymbos (2007) delle quali è direttore editoriale.
È anche autore di libri di testo per la scuola per le edizioni De Agostini.
Come poeta ha pubblicato La neve di maggio, Polistampa, Firenze 2000 (antologia dei precedenti volumi 1959-1995) e Selva domestica, Polistampa, Firenze 2010
È incluso in alcuni fra i maggiori repertori critico antologici del secondo Novecento e in Storie della letteratura.
Vasta la bibliografia critica sulle sue opere. (ne hanno scritto, fra gli altri, Pier Paolo Pasolini, Franco Fortini, Giorgio Luti, Giancarlo Ferretti, Emilio Isgrò, Giorgio Barberi Squarotti, Enrico Muzzioli, Sergio Boldrini, Marino Biondi, Gianni Toti, Giuseppe Zagarrio, Stefano Lanuzza, Marco Marchi, Luigi Fontanella, Achille Serrao, Franco Lanza, Angelo Lippo, Renzo Ricchi, Massimo Grillandi, Giuseppe Panella…).

Poesia

“Non crediamo sia l’amicizia a farci velo se diciamo che da tempo non leggevamo, entro la breve misura della plaquette, una più ricca e convinta testimonianza del nostro essere oggi, che si risolve, senza inutili grida, ostentazioni e abbracciamenti, in una drammatica pagina di poesia… L’assurdo, l’orrore del mondo che ritorna, con l’immagine qui più frequente sino a divenire simbolo, sulle pagine dei giornali, canali di banalità e falsificazioni cui solo la verità della poesia si può opporre, con una proclamazione che potrà sembrare ingenua e romantica se Manescalchi non la inverasse in queste stesse pagine.” Giuliano Manacorda, su “L’argine letterario” del marzo 1971

Giuliano Manacorda, in “Rapporti”, n. 12-13, marzo-giugno 1977,: “Franco Manescalchi riprende il filo della sua poesia già avviato alcuni anni fa con Il paese reale […] ora, fra i poeti fiorentini presi in considerazione, ci appare forse il più attento e il più esperto nel cogliere le cadenze della nostra più legittima tradizione poetica recente, ma per ritradurle in un linguaggio tutto proprio […] La storia si configura oggi per Manescalchi come un buio sprofondare di eventi in uno stretto imbuto rovesciato dove passa e scompare la realtà che tanto angoscia le nostre giornate e i nostri anni, alla quale si può reagire soltanto con ‘ira ed ironia’”.

Lei credo si sia salvato in grazia di un fondamento di dimora vitale, prima radice della poesia; mi appare dai profondi pagi toscani, rilevato dal Riviello nelle “blande memorie contadine”, nel “territorio evangelico e tribale”. Sì, “evangelico”, ma di un cristianesimo anteriore al Cristo, forse protoetrusco, come quello di Caproni, cui lei è affine per certa facilitas di gomitolo ritmico.
Oreste Macrì

Marco Marchi, introduzione al libro di poesia Selva domestica: “In realtà è un libro multiplo, collettivo ed infinito, quello a cui la poesia di Manescalchi tende e insieme già si inscrive, alimentando giorno dopo giorno ogni sua scrittura, conferendole attendibilità e prima ancora gioia di significare: aprendo – come negli intenti di chiunque alla poesia si rivolge – ad una comunicazione con il mondo.”
“La neve di maggio” è un’occasione complessiva per conoscere questo variegato poeta fiorentino, dagli anni successivi all’ermetismo e al neorealismo, allo sperimentalismo degli Anni Settanta e ad ogni altro inutile “ismo” del secondo (o terzo) Novecento; inutile perché Manescalchi ha sempre saputo tenere fede a una propria idea di poesia che trova(va) nell’interieur del poeta (come diceva Artaud) la propria plausibilità e necessità, aldilà, appunto, delle spinte poetiche esterne. Ne esce fuori un’esperienza letteraria e umana fra le più ricche e significative dell’ultimo quarantennio, all’interno di un “ben difeso àmbito della propria autonomia da ogni forma di condizionamento” (Giuseppe Panella).
Luigi Fontanella
Da Gradiva, number 20/21, Fall 2001/Spring 2002

 

Critica

Giorgio Luti, da Pianeta poesia, materiali 3: “Ci sono delle esperienze rimaste fondamentali nei nostri anni, con cui tutti ci siamo dovuti misurare, ma che solo attraverso Manescalchi riusciamo poi a riproporre e a ricostruire in un arco di sviluppo e di crescita interna secondo un’architettura che solo la sua intelligenza era in grado di costruire”

    PRIMI PREMI

  • per opere edite di poesia: 1970 Premio Alte Ceccato, Padova; Premio Gatti, Bologna per Il Paese reale Collettivo r, Firenze, 1970. 1991 Premio Camaiore per Aria di confine, Libria, Firenze – Matera, Melfi 1990.2002 Premio Adelfia( per La neve di maggio, Polistampa, Firenze 2000.

 

  • La sua poesia, di natura civile, nasce dalla viva presenza nella società. In questo ambito, nel 1996 ha ottenuto il premio Vittoria Giuliani Sostegni – per i diritti e le libertà, a Folgaria..con Movimento operaio e discriminazione in fabbrica, Polistampa, Firenze, 1995, Ricostruzione documentaria della vita nelle fabbriche fiorentine negli anni Cinquanta.

Questa è il sito del poeta Franco Manescalchi, che è venuto a mancare il 29 settembre 2023.

La famiglia vuole lasciare visibili i contenuti del sito, come testimonianza della sua attività culturale che ha coltivato nel corso di tutta la sua vita fino alla fine.